lunedì 17 ottobre 2016

PRAZENE, VATTENE FUORI DAI COGLIONI

LETTERA
La mia storia la racconto brevemente.
Esaurimento nervoso a 20-21 anni (nel 1981) ed il medico mi diede il  Prazene (non so se esista ancora). Sentendone l'effetto, ma avendo sempre forti dolori, chiesi al medico se non era il caso di prendere due pastiglie al giorno anziché solo una.
Mi disse di no (era un medico di famiglia, quelli che oggi sono considerati degli incapaci). Dopo i primi tre giorni  mi sentii bene ed al quarto non presi la pastiglia. Di nuovo forti dolori e quindi presi la pastiglia per altri tre giorni (totale: 6 pastiglie in 7 giorni).
Fu dopo la sesta pastiglia che, mentre ero in giro, fu come se mi  vedessi da fuori: un essere totalmente rimbambito, col sorriso da ebete stampato sulla faccia. Capii che il mio cervello non era più mio, ma delle pastiglie.
Rinunciai a prenderle ed affrontai il tutto a "mente serena". Mi  ci vollero 3 anni, con dolori quasi insopportabili, ma ne uscii. La mia medicina? Film comici, letture comiche e tentativi di previsione del futuro (devi usare il cervello che quindi, essendo spremuto nell'immaginare ciò che sarà, non può causarti dolori troppo forti). Per inciso, le mie previsioni sul futuro (fatte nel 1981-1982), ad oggi, si sono tutte avverate.
Firmato Riccardo
RISPOSTA
Buongiorno Riccardo,
e grazie di aver scritto a questo piccolo uomo.

Come dico sempre, non sono un medico, non faccio diagnosi, non curo nessuno né prescrivo alcunché, e ben me ne guardo dal farlo, essendo io stesso un autentico sostenitore della capacità autoguaritiva del corpo umano, allorquando gliene venga data la possibilità.

Veniamo a noi...

Non ho molto da aggiungere, se non farle i miei complimenti per aver buttato nel cesso il veleno chimico che le avrebbe rovinato la vita per sempre.

Aggiungo che, oltre alla componente psicologica da lei evidenziata, ha importanza VITALE il cambio alimentare.

Non potrò mai esporre abbastanza questo concetto: cibo pulito - pensieri puliti.

Avanti così

Pietro Bisanti

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Noi ci siamo. Per tutti, nel limite delle nostre possibilità.

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