venerdì 23 gennaio 2015

PRIMA SPACCAVO IL MONDO: DUE TIRI DI CANNA, PSICOSI E GIU' DI INVEGA


LETTERA

Salve signor Pietro, sono un ragazzo di 22 anni. L'estate appena passata è stata per me un incubo, in quanto a seguito di utilizzo di hashish (pochissimo, quattro tiri in tutto) sono stato male, ho avuto una sorta di bad trip in cui le idee principali erano che la sostanza mi stesse bruciando il cervello in quanto mi sentivo strano e come se stessi "perdendo il controllo". 

Da lì in poi per tre settimane mi sono sentito strano, come se qualcosa nel mio cervello e nella mia percezione delle cose fosse cambiato, e nonostante abbia continuato a fare tutto (lavorare, uscire ogni tanto) per queste "sensazioni modificate"e l'intensa paura che si portavano dietro mi sono rivolto di mia spontanea al csm di zona, piuttosto preoccupato. 

Inizialmente mi hanno detto che non era niente di grave ovvero io avevo il timore fosse psicosi ma mi hanno detto che erano "pensieri intrusivi", e anche per mia richiesta non mi hanno dato nessun farmaco. Poi però siccome la derealizzazione e la depersonalizzazione e i "pensieri strani" non smettevano, mi hanno prescritto invega prima a 6 mg poi dopo sole due settimane a 3 mg, associato a EN al bisogno (nel caso non riuscissi a dormire). 

Dal momento in cui ho preso il farmaco sono stato malissimo, sono caduto in una grave depressione con anedonia e astenia, e ci ho messo tre mesi a riprendermi almeno un po'. Ora sono al quarto mese di terapia e la psichiatra che mi ha in cura ha detto che fra un paio di mesi mi toglierà l'invega perché mi vede già meglio. Prima di leggere il suo blog avevo una certa fiducia nonostante tutto nei dottori, che sono stati sempre disponibili e gentili, ma ora... Cosa devo aspettarmi? Crisi da dismissione? Di nuovo quelle paure? Ero un ragazzo pienamente sicuro di sé e che "spaccava il mondo" prima di stare male, tornerò mai a stare bene come prima? Grazie dell'ascolto signor Pietro.

Lettera firmata



RISPOSTA

Buongiorno Anonimo,
e grazie di aver scritto a questo piccolo uomo.

Come dico sempre, non sono un dottore, non curo nessuno, non faccio diagnosi e non prescrivo alcunché, essendo io stesso un autentico sostenitore delle capacità autoguaritive del corpo umano, allorquando gliene venga data la possibilità.

Veniamo a noi. Via anzitutto la lobotomizzazione, e vediamo le cose per quello che sono.

Non smetterò mai di ribadire quanto la cannabis (quindi hashish e marijuana) sia pericolosa per la salute mentale, specialmente in "cervelli in crescita", agendo da vero e proprio "apripista di disturbi mentali".

A volte basta un solo tiro, e il danno è fatto, come nel suo caso.

Danno, preciso, che non è il fatto di entrare in psicosi più o meno gravi, poiché questi fenomeni, se non trattati, sono destinati a rientrare da soli.

Il problema reale è quello che è accaduto a lei, e cioè l'utilizzo degli antipsicotici.

Il CSM di zona ha agito tutto sommato con buon senso, non ritenendo utile l'utilizzo di psicofarmaci, ma lei, spaventato e inconsapevole di cosa le stesse succedendo, ha insistito, e ora, come è di prassi, le hanno somministrato una molecola che ha letteralmente spento un'area del suo cervello.

Lei ha la benché minima idea di che cosa stia assumendo?

Le hanno spiegato che gli antipsicotici "calmano" le crisi psicotiche ma in cambio, molto prima di quanto non creda, la tramuteranno in una balena zombizzata senza emozioni, impotente, incapace di ridere o di rattristarsi?

Come le ho detto, tutto sommato ha incontrato medici che stanno cercando di tenerla lontano dai farmaci, e questo è un comportamento raro in ambito psichiatrico, ove si tende a tenere il malcapitato di turno legato a vita.

Ora, cosa succederà?

Quattro mesi di Invega non sono per me sufficienti a scatenare crisi da dismissione oltremodo pesanti, ma anche a fronte di uno scalaggio lento, deve aspettarsi sicuramente qualche contraccolpo, che altro non sarà che lo sforzo del suo corpo di tornare a uno stato di equilibrio.

Quindi, non deve spaventarsi, perché la paura la farebbe ricorrere verso il farmaco, e lì sì che rischierebbe di non riuscire poi più a dismetterlo.

E questa diventa anche l'occasione giusta per aiutare il suo corpo in questa fase delicata, avvicinandosi finalmente a un'alimentazione vegana, così come indicato nel mio libro "Assassini in pillole: la Psichiatria moderna vista con gli occhi di un carabiniere", che le consiglio di leggere all'istante.

Si renda conto che ne va della sua stessa vita: vada a vedere come si trasforma un essere umano dopo un anno di antipsicotici.

Lei è già uno zombie, ma la cosa terribile è che la tranquillità che questo farmaco falsamente offre non le permette di accorgersene.

Ha i fatti. È ora di combattere



Pietro Bisanti

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Il concetto è molto semplice: chi può pagare poco, paga poco; chi non può pagare nulla, non pagherà nulla e noi interverremo comunque, per il semplice concetto che un essere umano in difficoltà deve sempre essere aiutato; chi può pagare tanto, pagherà il giusto e sarà a sua discrezione donare qualcosa a questa causa.

In questo modo, in base alle proprie possibilità, questo innovativo servizio potrà rimanere in piedi, senza sprofondare dopo due giorni.

Noi ci siamo. Per tutti, nel limite delle nostre possibilità.





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