NUTRIZIONE COMPATIBILE E PRINCIPI DI IGIENISMO NATURALE, PER VEDERE FINALMENTE IL MONDO PER QUELLO CHE È VERAMENTE E NON COME VOGLIONO FARLO APPARIRE! IL BLOG DI ELEZIONE RIGUARDO IL MONDO DELLA PSICHIATRIA E DEGLI PSICOFARMACI.
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NO ALLA PSICHIATRIA
Battiamoci per un mondo senza psicofarmaci, dove i disagi di natura psichiatrica vengono investigati attraverso l'analisi delle cause organiche/psicologiche del singolo individuo, e non attraverso la somministrazione anche coatta di vere e proprie droghe legalizzate. Invia la tua storia a pbisant@hotmail.com. La consapevolezza è l'unica arma vincente.
Si precisa che è ammessa la divulgazione di tutti i contenuti di questo blog con perentoria citazione della fonte
Igienista e consulente legale specializzato in ambito giuridico-psichiatrico, ricercatore indipendente sul disagio umano con particolare attenzione a quello giovanile e sui danni da psicofarmaci (NOTA BENE: L'Igienismo è uno stile e filosofia di vita e NON una specializzazione in ambito medico), già maresciallo Capo dell'Arma dei Carabinieri (dal 24.09.1994 al 31.12.2017), ora docente ufficiale della prima scuola privata igienista italiana "Health Science University", attivista per i diritti umani e strenuo difensore dei diritti degli animali, da 14 anni si occupa in chiave igienista della correlazione fra alimentazione e malattia, con particolare attenzione alla salute mentale nonché all'utilizzo delle molecole più demoniache e distruttive mai inventate dall'uomo: gli psicofarmaci. L'intento di questo blog non è fornire indicazioni di natura medica, bensì quelle informazioni che possano essere utilizzate per effettuare delle scelte personali e consapevoli, soprattutto in ambito psichiatrico. NOTA BENE: QUESTO SITO RIFLETTE IL PENSIERO ESCLUSIVO DEL SUO AUTORE E NON HA ALCUN COLLEGAMENTO ED/O ESPRIME CONSIDERAZIONI IN NOME E PER CONTO DELL'ARMA DEI CARABINIERI
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E CHI CONTROLLA SE LE GOCCE CHE SONO PRESCRITTE SIANO QUELLE DATE EFFETTIVAMENTE ??? HO VISTO OPERATORI STRIZZARE LETTERALMENTE BOCCETTE INTERE DI SERENASE HALDOL SENZA CONTARE LE GOCCE CHE CASCAVANO NEL BICCHIERE ...se un turno e' bravo e professionale, un altro turno di operatori rovina tutto perche' ti ingannano anche sulle terapie che dovevano essere date in un certo dosaggio dandone infinite volte di piu' cosi' per loro stai zitto e non rompi le palle...
alla faccia della correttezza e delle prescrizioni..ma tanto come puoi provare queste cose ???
grazie del suo commento, che mi permette di evidenziare un altro aspetto della moderna psichiatria.
Pur non salvando nulla di essa, non posso negare che esistano "professionisti" che in buona fede tentano di fare qualcosa di buono applicando comunque anni e anni di studi universitari praticamente inutili e fuorvianti.
Quando invece i professionisti, infermieri inclusi, non sono in buona fede, ecco che il problema può diventare molto, molto pesante.
Esigete sempre, in regime di TSO, che il farmaco venga dosato davanti a voi.
È un vostro diritto e nessuno ve lo toglie.
Qualunque abuso deve essere denunciato. Sempre e comunque.
Dovete essere sempre informati di cosa prendete e in che dosi.
Mai avere paura. Se pensate di aver subito un abuso, fate valere i vostri diritti.
Arma dei Carabinieri e Polizia di Stato esistono proprio per questo, e cioè per tutelare i cittadini, specialmente i più indifesi.
Pietro Bisanti
Per tutti: a breve uscirà il mio primo libro "ASSASSINI IN PILLOLE: La psichiatria moderna vista con gli occhi di un carabiniere": prenotazioni a pbisant@hotmail.com
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Buon pomerigio sono la madre di Emanuele il ragazzo operato di Chron. Mi chiedo se è stato asportato parte del colon e parte di tenue allora non c'è speranza? Ho provato già due volte la dismissione da Zyprexa ma senza successo, l' ultima l' ho tentata con la dott. ********. Stava andando bene, ma con una dose molto bassa di trilafon 1 milligrammo sono iniziate le allucinazioni con eteroaggressivita anche per strada. In tutto questo la dott. ha pensato bene di lasciarmi sola dicendo che ero io a infondere ansietà a mio figlio e si negava al telefono e così noi poveri genitori abbiamo capito quanto sono dannosi gli psicofarmaci. Non siamo aiutati da nessuno e siamo costretti a ricondurre i nostri ragazzi nelle mani della morte. Ora Emanuele a cui è stato rifilata una fiala di haldol da 150 ml sembra un cristo che cammina con la sua croce sulle spalle invecchiato di colpo di 40 anni ed io la vergine che lo segue nel calvario, non ho il coraggio di chiuderlo ma sto morendo anche io con lui, ho perso già 5 chili.
C.
RISPOSTA
Buongiorno sig.ra C,
e grazie di aver voluto condividere questa allucinante esperienza.
Partirò molto duro questa volta.
E cominciamo subito con la fantastica psichiatra che prima tenta di dismettere i farmaci, e poi scappa a gambe levate quando la situazione le sfugge di mano.
E sapete perché le sfugge di mano?
Perché come la stragrande maggioranza dei suoi colleghi non ha alcuna conoscenza di cosa sia una crisi di dismissione, e di come tutto il riaffiorare della pregressa sintomatologia sia solo ed esclusivamente un segnale positivo, e cioè che il corpo sta tentando con tutte le sue forze di tornare a uno stato di tranquillità, detto "omeostasi".
Quando infatti si dismette un qualsiasi psicofarmaco (in questo caso due antipsicotici potentissimi, tra cui il famigerato Zyprexa, di cui ho scritto papiri su questo blog), il corpo improvvisamente si trova sbilanciato poiché, durante l'assunzione di tali molecole, aveva comunque cercato di controbilanciare gli effetti dei farmaci attraverso la produzione propria di determinate sostanze.
Quindi, se si assume un antipsicotico, che è un farmaco "addormentante", il corpo umano, dotato di un'intelligenza propria e vistosi aggredito, comincia a produrre a livello cerebrale sostanze attivanti, in grado di contrastare la tipica zombizzazione degli antipsicotici.
Ecco che quando il farmaco viene a mancare o diminuito in fase di scalaggio, il corpo non ha più la "copertura" della molecola, e quindi le sostanze da lui prodotte sono disponibili in quantità più elevata.
Ecco quindi che togliere o scalare un antipsicotico significa andare incontro a crisi maniacali; mentre scalare un antidepressivo significa andare incontro a crisi depressive.
Ora, cari genitori, avete toccato con mano il fallimento totale della psichiatria moderna.
Prendete quindi in mano la salute di vostro figlio e non delegatela a nessuno.
Leggete in lungo e in largo questo blog e fatevi una immersione nella più attuale, concreta ed efficace cultura antipsichiatrica al momento disponibile in Italia.
Seppur menomato nel fisico e nella mente, vostro figlio ha diritto a una possibilità, e siete voi in quanto genitori a dovergliela dare.
Quindi, alimentazione vegana il più crudista possibile, in linea con quanto scritto ripetutamente nel blog.
Capire le crisi, contenerle, ma non permettere la continua somministrazione di farmaci che non faranno altro che ridurre vostro figlio in un flaccido zombie in attesa solo della propria morte.
Lottate per vostro figlio. Lottate per la creatura che voi avete generato e che avete il dovere di proteggere.
Tutto quello che posso fare per voi lo farò.
Pietro Bisanti
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COMMENTO AL MIO ARTICOLO "ZYPREXA, LAMICTAL E ZARELIS (OLTRE AL LEXOTAN AL BISOGNO): SETTE CHILI IN QUATTRO MESI E ORA SONO UNO ZOMBIE SENZA LIBIDO CON IL CICLO SBALLATO" Salve! Gli psicofarmaci devono essere somministrati in gravidanza solo se i potenziali benefici superano i potenziali rischi. Si parla di potenzialità di benefici e di rischi ma non di certezze. Nell'incertezza generale, quale è il suo consiglio? Se una donna assume psicofarmaci durante la gravidanza che provocano danni al feto, i suoi supposti problemi psichici potrebbero manifestarsi per via delle conseguenze che il bambino potrebbe riportare...
RISPOSTA
Buonasera Anonimo,
e grazie del suo commento.
Ormai siamo tutti talmente lobotomizzati dalla televisione che un evento naturale come la gravidanza è stato di fatto trasformato in una sorta di "malattia".
Il discorso quindi rischio-beneficio è e rimane una emerita cavolata.
Nessuno ha bisogno di psicofarmaci, e nessuno ne ha bisogno in gravidanza, considerata anche la trasmissione di tali sostanze al proprio figlio attraverso la placenta.
Pensate che sia così poco comune che bambini nati da genitori assuntori di antidepressivi sviluppino, appena venuti al mondo, una vera e propria crisi di astinenza da tali psicofarmaci?
È tanto comune quanto scontato, tenuto conto della potenza di tali molecole, che possono provocare al futuro nascituro un sacco di rogne, malformazioni incluse.
Nessun essere umano guarirà mai da qualunque cosiddetta "malattia psichiatrica" attraverso l'assunzione di droghe legalizzate e quindi evitiamo, oltre a non aver risolto il nostro problema, di doverne creare un altro a un essere vivente che nessuna colpa ha riguardo alla nostra ignoranza nell'approccio verso la sintomatologia psichiatrica.
vorrei raccontarLe la mia storia. Ho 25 anni. Vivo a Firenze e da due anni stavo con una ragazza. E’ da circa 3 anni che soffro di attacchi di panico “prolungati” nel senso che mi durano circa 20-30 gg. senza stop sempre nel periodo estivo, mai in inverno. Provo un senso di distacco dalla realtà, una sorta di derealizzazione, come se le cose che vivessi fossero vissute da spettatore ansioso, penso di non capire i discorsi delle persone e mi fisso su di essi, mi fisso sui rumori e penso che arrivino in ritardo anche se alla fine non succede. Quando sono in questo stato tutti coloro che mi stanno attorno mi dicono che mi vedono triste, un po’ depresso, silenzioso, parlo poco e ho lo sguardo perso. L’anno scorso mi è capitato l’attacco di panico quando ero a fare il musicista in uno spettacolo diretto da mio fratello che è regista teatrale. Ho provato le stesse sensazioni descritte sopra e subito dopo la prima dello spettacolo sono voluto andare via.
Era presente anche la mia ragazza. Sono stato una notte a casa di mio fratello e durante la notte l’ansia mi aumentava, sentivo come il cuore battere all’impazzata, mi sembrava di morire. Fu una notte d’inferno. Il giorno dopo il mio desiderio era quello di tornare a casa, di rivedere mia madre e dirle che stavo male. L’anno precedente sempre in estate mi successe la stessa cosa e mia mamma vedendomi in uno stato veramente difficile decise di portarmi in ospedale e lì mi dettero Valium per calmarmi e mi portarono al reparto di Psichiatria delle Oblate a Firenze. Io ricordo poco, ma mia mamma mi ha raccontato che mi riempirono di farmaci che mi rimbombarono e basta e non riuscivo neanche a parlare.
Dopo questo ricovero sono stato seguito da un dottore che opera a Firenze. Ho cominciato a fare psicoterapia con lui e ad andare regolarmente una volta a settimana a parlare con lui. L’anno scorso quando sono stato male per lo spettacolo e sono voluto tornare a Firenze, il dott. mi ha prescritto Zypreza, En e Daparox in dosi basse. Quest’anno sempre in estate mi è venuto l’ennesimo attacco di panico sempre lungo più o meno una ventina di giorni. Rispetto alle altre volte dove mi rifugiavo in camera, urlavo, pensavo di impazzire, questa volta ho voluto reagire, perché avevo trovato un lavoro in una orchestra di musica da ballo e in estate avrei dovuto affrontare circa 40 giorni di concerti in Nord Italia e in Toscana perché suono sassofono e clarinetto. Ho quindi deciso di fare questo lavoro con l’ansia, il panico e l’angoscia. I primi giorni il pensiero era sempre fisso all’ansia, poi piano piano mi sono dato dei piccoli obiettivi nel lavoro, dato che oltre a suonare devo anche montare il palco e le luci.
E' stata durissima con questa sensazione e questo macigno che ti occupa i pensieri. Quando mi vengono queste cose in estate succede sempre che mi compaiono all’improvviso, durano tanti giorni e se ne vanno via senza che me ne accorga. Anche quest’estate il medico mi ha prescritto all’inizio Zyprexa, poi vedendo io che non mi sortiva nessun effetto, ho chiesto di prendere En e Daparox, e il medico mi ha detto di prendere 5 gocce di Daparox a colazione e 5 a pranzo e 15 gocce di En prima di andare a dormire.
Ho constatato nel corso dei tre anni in cui ho sofferto di attacchi di panico che queste medicine alla fine mi rintontivano e basta e mi davano solo una grande sonnolenza, e che forse sono uscito dallo stato di ansia e panico grazie alle mie forze. A parte il lato terapeutico descritto sopra Le vorrei raccontare della storia con la mia ragazza. Ci siamo conosciuti per caso ad un concerto due anni fa tramite amici comuni ed è stato subito amore. Era come se ci conoscessimo da sempre. E’ stato subito passione, eros allo stato puro.
Lei precedentemente era stata con un ragazzo per 7 anni, e mi aveva raccontato che con lui non aveva mai voluto fare l’amore perché si sentiva a disagio. Si sono lasciati dopo sette anni mentre lei si laureava in storia dell’arte al triennio. Lui, essendo informatico, fino all’ultimo le controllava mail, telefono. Con me dopo neanche cinque mesi che stavamo insieme abbiamo avuto il primo rapporto sessuale per lei, e la sua reazione è stata un pianto fortissimo, me lo ricordo ancora, non smetteva più, credo fosse tanta la gioia di aver fatto questo passo con me. I mesi passavano benissimo. Ci siamo scritti tantissime lettere d’amore.
La prima volta che ebbi gli attacchi di panico e alla quale lei assistette fu quando fui ricoverato in ospedale. Le dissero che era meglio se non veniva nel reparto di psichiatria, perché non era una bella visione come reparto. Devo però introdurre nella storia anche la figura di mia madre che poi c’entrerà molto con lei. Mia mamma è una persona che mi è stata sempre molto dietro, mi ha sempre voluto dire il suo pensiero riguardo a quello che facevo e io ho sempre sentito un gran senso di responsabilità verso ogni cosa che facevo e di dover sempre portare un buon risultato a casa. Avendole sconsigliato di venire in ospedale, lei ebbe contatti per sapere come stavo attraverso mia mamma.
Mia mamma mi ha raccontato che la chiamava ogni 10 minuti per sapere come stavo. Dopo il ricovero sono tornato a casa e solo dopo tanti giorni sono stato bene perché mi avevano veramente imbottito di schifezze e anche mia madre era la prima volta che assisteva a una cosa del genere e si fidò dei medici che trovò. La figura del Dott. comparve infatti dopo, dicendo che era stato un errore riempirmi di farmaci, perché non riuscivo neanche a parlare.
Riguardo al rapporto con la mia famiglia la mia ragazza, da quando ci siamo messi insieme, è sempre venuta spesso a casa, perché io ancora vivevo con i miei, perché la volevo vicino a me e stabilì con mia madre un rapporto madre-figlia. Ho conosciuto poi i genitori di lei di cui le parlerò in seguito. Ho cominciato a conoscerla meglio dal punto di vista del suo carattere in un avvenimento: si dimenticò di pagare la rata universitaria e rischiava di pagare la retta più alta. Scoppiò in un pianto pazzesco e non sapeva come fare, andò in confusione e voleva chiamare subito sua madre per risolvere il problema.
Questi pianti si sono ripetuti tante volte nel corso della nostra storia per motivi per me futili come aver litigato con le sue colleghe di lavoro. Vorrei per questo dire anche della sua storia familiare per inquadrare bene la situazione. La sua famiglia vive in Trentino. Di mestiere il babbo e la mamma sono ristoratori all’interno di un campeggio. Per suo babbo e sua mamma tutta la vita è sempre stata basata sul lavoro, non c’era mai tempo per le vacanze e da come mi raccontava lei non c’era mai tempo per confidarsi con mamma e babbo perché la mamma doveva gestire il ristorante e il padre fare le pizze.
Lei quindi ha vissuto una infanzia e una adolescenza con i genitori che hanno sempre lavorato, e a sedici anni ha cominciato a prendere il vassoio in mano e servire nel ristorante senza un Natale o una vacanza con gli amici. Dopo aver fatto il triennio a Trento ed essersi lasciata con il suo ex ragazzo dopo sette anni, ha deciso di fare la specialistica in storia dell’arte a Firenze e qui mi ha conosciuto. Nelle lettere d’amore che mi scriveva diceva che non aveva mai incontrato una persona come me, aperta, che la trattava così bene, con così tanta attenzione e cura e mi diceva che mi sarebbe stata vicino anche nei momenti negativi.
A volte litigavamo per cose futili, io cercavo di parlare dei problemi mentre lei aveva un atteggiamento che non ho mai capito: mentre parlavamo dei problemi che erano sorti discutendo lei si chiudeva nel silenzio e non parlava. Non ho mai capito se lo facesse perché non voleva dirmi ciò che pensava o se non voleva ferirmi. Questi silenzi e questi pianti che lei aveva cominciarono a farmi capire che forse non possedeva una struttura interna forte, che era fragile, derivata forse dalla sua famiglia e da dove era vissuta.
Aveva trovato me, e vedeva in me il superuomo, la persona che la poteva proteggere, come scriveva nelle lettere. Io nonostante avessi visto che aveva queste fragilità ho sempre continuato ad amarla. Quest’estate ho trovato il lavoro che Le dicevo nell’orchestra. Quando lo dissi a lei all’inizio fu felicissima. All’inizio non ero convintissimo perché di solito suono jazz, mentre nell’orchestra dovevo suonare liscio romagnolo. Fu lei a spronarmi a farlo. Verso giugno cominciarono le date estive che erano tantissime, soprattutto di sabato e domenica e anche durante la settimana.
Un giorno mentre andavo a riprenderla a lavoro, perché lei attualmente lavora come da lunedì a venerdì e a volte la domenica, ci fermiamo in un parco a fare due chiacchiere e vedo che vuole parlare. Comincia a dirmi: “E adesso come facciamo? Quando ci vediamo se vai via così spesso? E le vacanze insieme? Come facciamo a progettarle se vai via? E io ho cominciato a dirle che ero contento di questo lavoro e proprio grazie ai soldi che guadagnavo con questo lavoro avremmo potuto andare in vacanza ma non le sapevo dire la data esatta perché dovevo dare priorità al lavoro perché il mio datore di lavoro mi dice le date a fine mese per il mese successivo ma che sicuramente saremmo andati in vacanza e ci saremmo visti.
E lei a cominciato a dire che ad agosto era riuscita a rimanere a lavorare a Firenze, invece di andare su dai suoi a lavorare e l’aveva fatto per me. Io ho provato a spiegarle che in tutte le coppie c’è chi fa il cuoco, l’altra persona magari l’infermiera e trovano un punto di incontro, un bilanciamento tra lavoro e stare insieme come coppia. E lei è di nuovo scoppiata a piangere. Due giorni dopo si è scusata per la reazione avuta. Io a quel punto mi sono sentito caricato di un senso di responsabilità, come quelli di cui mi caricava mia madre.
Come se facendo questo lavoro, tradissi la coppia, lei voleva le vacanze, io non potevo dirle quando le avremmo fatte, soprattutto perché cerco di vivere la mia vita giorno per giorno e mi sembrava che lei iperprogettasse tutto. Varie volte parlando insieme lei fantasticava sul fatto di avere una famiglia e dei figli e io ero molto contento di questi pensieri. Le annoto questo perché ritornerà nel discorso. Dopo circa tre settimane da quella volta in cui discutemmo al parco mi è arrivato l’attacco di panico, la derealizzazione o non so cosa e mi riferisco a quest’estate. Ho continuato a lavorare e non so se ho fatto bene o male, ma lei lo ha preso come motivo per lasciarmi, le ho chiesto di allontanarsi perché vedevo che di fronte ai miei attacchi di panico, era più fragile di me, si rinchiudeva in se stessa. Le dissi, vediamoci meno, tanto dobbiamo lavorare tutti e due. Sentiamoci però per telefono e per sms.
Da quando dissi queste parole non si fece più sentire. Provavo a chiamarla e mandarle messaggi ma non mi rispondeva. Dopo una settimana senza neanche chiamarmi mi ha mandato un sms: “Ti ho lasciato perché non sopporto più i tuoi attacchi di panico, mi fanno paura, e se tra vent’anni si aggravano, e se poi abbiamo una famiglia e ti vengono”.
E mi ha lasciato così. Io non ci potevo credere. Mentre stavo male, mi scusi, ma mi sono dimenticato una cosa importante, le chiesi se ad agosto potevo venire a casa sua, perché lei abita con delle coinquiline che nel mese di agosto tornavano a casa. Stavo ancora un po’ male e di fronte a questo mi rispose: “no, quando stai male, non vieni da me”. Basta. Dopo aver ricevuto quell’sms ho cominciato a chiamarla, ad assillarla perché non potevo credere che il motivo per cui mi aveva lasciato fossero i miei attacchi di panico.
Lei non mi rispondeva o se mi rispondeva, divagava, diceva che non poteva, che non poteva vedermi o stare al telefono perché non voleva parlare con me. Mi diceva che la assillavo. Io le chiedevo perché non rispondeva ai messaggi e lei mi diceva, tanto quando stavamo insieme tu non mi rispondevi (cosa non vera, ma credo che quando una persona lascia un’altra persona, comincia a trovare tutta una serie di motivazioni per far sentire l’altra persona una merda, o trovare tutti i difetti, che, mentre si stava insieme non c’erano o non venivano detti).
Siccome lei è sempre stata una utilizzatrice accanita di facebook, quando ci siamo lasciati ha cominciato a scrivere frasi prese da libri del tipo “la vita da soli è triste ma ci risolleva” e poi a mettere foto con le sue coinquiline al mare. Io non ho mai amato facebook infatti non sono più iscritto, ma quando mi lasciò tentai di mettere molte foto di noi insieme e lei subito mi disse “toglile, non mi sembra il momento, dovevi metterle prima, ormai è troppo tardi. Io non do grande conto a facebook perché non baso la mia vita su quanti “mi piace” mi mettono alle foto o se tutti mi vedono o guardano quello che scrivo. Dopo essersi lasciati non ha più voluto vedermi e l’unica volta che ci siamo rivisti faccia a faccia è stato dopo 15 giorni, perché in casa nostra lei aveva lasciato molte cose e volevo ridargliele perché più le avevo in casa e più stavo male e mi facevano pensare a lei.
Ci siamo rivisti a un bar, non mi ha neanche fatto salire in casa sua. Per quell’occasione le avevo scritto una lettera in cui elencavo tutti i miei possibili errori fatti durante la nostra relazione (poi mi sono accordo che incolparsi non serve a niente, hai fatto quello che hai fatto senza colpe). Tra le colpe che mi davo c’era quella di non averla portato spesso fuori ed essere stati molto a casa ma non potevo fare altrimenti perché non avevo ancora trovato lavoro, di non essere andato spesso a casa da lei e cenare con le sue coinquiline, di cui le però ha sempre parlato male anche quando era a casa nostra e quindi per me risultava falso andare a cena da loro dato che poi la persona con cui stavo parlava male di loro e faceva buon viso a cattivo gioco.
Insomma le lessi questa lettera di fronte a lei dicendole che se il problema erano gli attacchi di panico, mi sembrava questa volta di averli affrontati molto meglio, invece lei mi ha detto che l’ho allontanata, che l’ho fatta sentire inutile. Io mi sono scusato di averla allontanata. Lei è rimasta in silenzio, come quei silenzi di cui le raccontavo sopra e l’unica cosa che ha saputo dire è stata “forse anche io ho fatto degli errori”. Io mi aspettavo che mi dicesse più di queste due parole visto che io le avevo letto una lettera di 8 pagine ma niente. La lettera è durata 5 minuti quindi pensavo che dopo quel tempo ci saremmo salutati. Invece lei ha voluto che rimanessi ancora lì e siamo stati a quel bar per due ore, con io che avevo le lacrime e anche lei, a guardarsi negli occhi come dei cretini secondo me.
Alla fine penso di essere stato al suo gioco del silenzio. Io avrei voluto dialogare, parlare, capire come risolvere, perché non mi capacitavo che mi avesse lasciato per i miei attacchi di panico. Le avevo portato la borsa con le sue cose e le lettere che mi aveva scritto e molte cose che lei mi aveva regalato nel corso della nostra relazione un po’ sperando che questo la facesse pensare, e magari mi dicesse, no dai, andiamo avanti. Invece niente. Ci siamo salutati e non ci siamo più visti. Da agosto a settembre solo sms, dove in pratica mi sembrava di parlare da solo, tentavo di riconquistarla, volevo incontrarla di nuovo ma lei diceva di no. Lei a questi miei messaggi ha sempre risposto in tono arrabbiato e scocciato e mi scrisse: “Io ti ho lasciato … non è una pausa di riflessione. Mi dispiace. Ne avevamo già parlato di questo. E ti avevo detto che preferivo dirti che era una fine per non illuderti di cose che (potrebbero anche non essere).
Quest’ultima frase tra parentesi non l’ho mai capita e non so proprio cosa significhi. Mi ha detto anche: “non scomparire, ma cerca di stare tranquillo” questo perché le dissi che preferivo scomparire dalla sua vita. Mi disse che non dovevo scomparire perché non voleva tagliare totalmente i ponti con me, che voleva rimanere in buoni rapporti (“al momento di amicizia”. Anche questo “al momento”non l’ho mai capito. Voleva dirmi che voleva rimanere in buoni rapporti per sentirsi meno colpevole? Non lo so proprio. So solo che questo “non scomparire”, “al momento di amicizia”, mi hanno fatto venire tanti dubbi che lei fosse molto confusa, che forse voleva riallacciare i rapporti, rivedersi. Poi continuò a ripetermi di lasciarla in pace, che voleva essere lasciata tranquilla perché non aveva niente da aggiungere rispetto a quello che aveva detto e che non dovevo fare niente per riconquistarla ma non la dovevo assillare.
Lei tre settimane fa ha parlato con una nostra comune amica dicendole che ora è convinta della sua decisione di avermi lasciato, fra sei mesi chi lo sa e che ora vuole vivere con le sue coinquiline, di cui lei ripeto parla male e che vuole vedere se stando senza di me a settembre sente la mia mancanza. Se fosse una persona normale o con meno fragilità di quante credo abbia, non avrebbe bisogno di dire che deve provare a stare un mese senza di me per capire se le manco, se ha provato amore nei miei confronti. Io, caro dottore, non ho capito molto delle sue risposte sempre vaghe, del suo non volermi dire “Andrea, vai a fare in culo”. Mi ha sempre lasciato in stand-by. Io ho deciso di scomparire, non mi sono più fatto sentire, quando l’ho vista non ho più avuto il coraggio di salutarla, visto che lei mi aveva espressamente detto di lasciarla in pace e che non aveva niente da aggiungere a quello che aveva già detto. Dopo tre mesi che non vedeva mia mamma, che le aveva chiesto precedentemente, mentre stavo male, di prendere un caffè loro due, senza parlare di me, ma solo per fare due chiacchiere, lei rispose di si, che quando sarebbe tornata da casa, cioè dai suoi si sarebbero incontrate. Ecco, non si è fatta più sentire e vedere e quando ha dovuto lasciare delle chiavi di casa nostra perché ci servivano, non ha avuto il coraggio di salire in casa, le ha lasciate nella cassetta della posta, scrivendo a mia mamma.
“Scusate, sono tanto confusa. Ho bisogno di pensare”. L’unica cosa che ha fatto, e che a me è sembrata assurda dopo tre mesi che non ha più voluto vedere i miei o me, è stato mandare un sms di auguri a mia madre per il suo compleanno con scritto “Auguri, un abbraccio”. Poi dopo che io ora non la sento da un mese, circa una settimana fa mi ha scritto un sms: “Quando mi incontri per strada, potresti anche salutarmi, invece di girarti dall’altra parte”. Io forse l’ho vista, ma soffrendo fin dalla nascita di cataratta prenatale, ci vedo da un occhio solo e magari lei mi è passata vicino all’occhio in cui non vedo. Non capisco se questi messaggi arrabbiati che lei mi manda sono modi per voler comunque rimanere in contatto.
Io penso solo che se mi hai detto lasciami in pace, non mi assillare, non ho niente da dire, penso che devo rispettare quello che mi hai detto. Io a questo messaggio arrabbiato non ho risposto perché non mi sembrava giusto. Quando ci lasciammo la prima cosa che fece fu bloccarmi da facebook e cancellarmi dagli amici e cambiare tutte le sue password dei suoi account, penso forse credendo che potessi controllarla, come faceva il suo ex, ma forse non ha capito che non sono il tipo. So solo scrivere al computer, non saprei da dove partire per pedinarla o tampinarla. Anche questo atto mi è dispiaciuto, mi è sembrato un tradimento alla mia persona. L’altro giorno mia mamma si è accorta che la mia ex ha tolto anche lei da facebook.
Io mi sono cancellato definitivamente e infatti in fondo alla mia lettera le vorrei allegare un discorso che ho trovato in internet, di una ragazza che parla di facebook, che penso sia il male attuale di noi giovani. Ogni tanto mi viene da pensare che tra noi giovani tutto si è ridotto a mettere un “mi piace” o “accettare una amicizia” o “taggare”. Pochi sono rimasti immuni e ormai le persone stanno più attaccate al computer o al cellulare ad aspettare che qualcuno si accorga di loro o li consideri.
Il 28 settembre era il mio compleanno. Ho compiuto 25 anni. Lei non mi ha fatto gli auguri ma a mia mamma si. Il comportamento che sto assumendo ora è di essere scomparso dalla sua vita, non ho un profilo facebook, non ho foto che lei può vedere, non può sapere niente di me se non chiamandomi o mandandomi un messaggio, mentre lei quando mi ha lasciato metteva su facebook foto con le sue coinquiline, o frasi come “ti rialzerai presto, anche se sei sola”. Siccome stando a casa dai miei sentivo la responsabilità della figura di mia madre, del fatto che a 25 anni mi sembrava giusto fare da me, non farmi fare la spesa e cucinare dalla mia famiglia, ho deciso di andare ad abitare da solo con altri studenti in centro a Firenze. Lavoro sempre nell’orchestra, e ho trovato un lavoretto per arrotondare, posando come modello per ritratto e nudo per una scuola d’arte. Si fa questo ed altro per l’arte che sia arte pittorica, scultorea o la mia amata musica. Ogni tanto mi verrebbe di ricontattarla, dirle che la amo, ma molti amici e parenti mi consigliano di non farlo, di lasciarla nei suoi dubbi, che forse ha voluto lasciare una persona che alla fine lei definiva speciale, magari così ho pensato io nella sua testa potrebbe dire “ecco, non mi assilla più, ora mi manca” e allora magari sarà lei a richiamarmi. Io non so davvero come comportarmi. Sto in silenzio. La amo ancora, e vorrei farle capire che gli attacchi di panico non devono spaventarla.
Ma non so se ci riuscirei, perché dal suo passato e da come l’ho conosciuta mentre stavo male ho visto una persona fragile che non mi sarebbe potuta forse stare accanto. Mi piacerebbe dirle: “ma se tra vent’anni o trenta mi viene un tumore, che fai scappi, te ne vai? Come stai facendo ora con i miei attacchi di panico”. O fai come una persona normale, la aiuti, ti curi di lei come dicevi innamorata nelle lettere che mi scrivevi. L’unica cosa che mi viene da pensare è che la forza di una coppia di innamorati si vede si dagli atti d’amore reciproci di ogni giorno, ma si vede soprattutto nei momenti di difficoltà, quando uno c’è per l’altro, c’è incondizionatamente, anche quando sta male.
Ultimamente mi sono informato sul mal di glutine, il fatto dell’alimentazione e della sua correlazione con stati d’ansia, derealizzazione. Chi lo sa se ci può essere una correlazione tra ansia e derealizzazione e alimentazione. Io so solo che da un po’ di tempo non mangio più pane, pasta, pizza, cereali, patate, legumi e sto benissimo. Mi sento forte. Chi lo sa se quest’estate e la aspetto con ansia, mi riverranno queste cose e chi lo sa se continuassi ad alimentarmi bene senza glutine, non succeda più niente.
F.to A.
RISPOSTA
Buonasera sig A.,
e grazie della sua lettera.
Non è da tutti condividere con questo piccolo uomo (che rimane per voi comunque un estraneo) tale e bellissimo insieme di sentimenti, storie e sensazioni personali.
Mentre le rispondo, sto mangiando un frullato di nove squisite banane mature, con l'aggiunta di cinque noci "Macadamia".
Perché le dico questo?
Le dico questo perché mi piacerebbe proprio cominciare dall'ultimo paragrafo della sua lettera, dove dice di sentirsi molto più forte da quando ha eliminato pane, pasta, pizza, cereali, patate e legumi.
Cosa posso dirle? Certo che si sente meglio, e questo, se lei lo vorrà, è solo l'inizio.
Il messaggio innovativo che questo blog cerca di trasmettere da più di due anni è semplice: le manifestazioni di ordine psichiatrico hanno molto più spesso di quanto si creda una base parzialmente o totalmente di origine organica.
Questo significa che dal più "piccolo" stato d'ansia alla più potente psicosi non si può mai e poi mai non considerare la parte "fisica" del nostro corpo, anche se l'unica manifestazione che possiamo vedere è di ordine psichiatrico.
E l'alimentazione la fa quindi da padrona: che piaccia o meno, il nostro corpo è fruttariano al 100%, basta guardarsi allo specchio, e quindi un'alimentazione crudista al 100% è e rimane l'unico modo di alimentarsi secondo Natura.
Più ci si discosta da questo, più arrivano le cosiddette "malattie" (anche mentali), che altro non sono che segnali di tossemia interna.
L'Uomo è nato per essere calmo, ponderato, compassionevole, e il cibo influenza grandemente il nostro modo di ragionare e di porci nei confronti del mondo.
Per quanto riguarda la sua pregressa storia d'amore, mi permetto di darle un consiglio.
Rinforzi se stesso continuando nel suo percorso disintossicativo e di cambiamento.
Mandi a quel paese chiunque tenti di darle ancora veleni come lo Zyprexa.
Quando si sentirà fisicamente forte, vedrà che la sua attitudine mentale cambierà anch'essa e si sentirà ancora più pronto ad affrontare qualunque ostacolo la vita le porterà davanti.
Ora, vada nel motore di ricerca interno al blog posizionato in alto a destra (digitando gli argomenti di interesse come "Zyprexa", "glutine" etc...) e si faccia finalmente una cultura controcorrente di come si possa finalmente riconquistare la propria salute, soprattutto quella mentale.
Per fermare l'onda che questo blog ha scatenato le servirà molto di più di un semplice "vaffanculo".
Le riassumo chi insulta quando pronuncia questi epiteti contro chi si alimenta in questo determinato modo:
-chi crede che gli animali tutti debbano vivere liberi e giocarsi la propria vita secondo regole di dignità e rispetto reciproci, quindi anche essere mangiati, ma giocandosi la propria chance di uccidere o essere uccisi:
-chi crede fermamente che l'Uomo non abbia alcun bisogno di cibarsi degli animali o dei loro "derivati" per vivere una vita sana (e per questo basta guardarsi allo specchio e vedere come si è anatomicamente fatti), ricca e felice (e che il contrario sia invece dannoso e portatore di malattia);
Potrei andare avanti all'infinito.
Questo blog non incasella nessuno in categorie. Noi siamo semplicemente "uomini", esseri che provano empatia e rispetto a priori verso tutti e tutto.
Anche verso di Lei, pur provando al contempo un sentimento di pietà.
Pena, sì, perché il suo commento esprime senza riserva alcuna la lobotomizzazione a cui sta arrivando l'intera umanità.
Lobotomizzazione che ha permesso agli psicofarmaci di prendere così tanto piede, fino ad arrivare ad avere più di 100 milioni di assuntori nel mondo.
E solo un povero lobotomizzato non riesce a vedere quanto la moderna alimentazione stia letteralmente facendo sprofondare a livelli mai visti la salute mentale dell'intero globo.
Mi lanci pure ogni tanto un "vaffa" se questo la rende felice, ma le rispondo una volta e per tutte, dato che qui non abbiamo tempo da perdere.
Le persone soffrono e hanno bisogno di vera informazione, Lei torni pure a fare il suo sport preferito, e cioè mettere più "mi piace" possibile su Facebook...
SPEZZONI DI UNA CHIACCHIERATA TRAMITE FUNZIONE CHAT DI FACEBOOK
Piacere, sono C. e ho avuto modo di leggere il suo blog "Alimentazione e salute di Pietro Bisanti". Mi é capitato di leggerlo scrivendo su google "dismissione psicofarmaci" , perché per quattro mesi e ME NE PENTO ho assunto Zyprexa, Zarelis (antidepressivo) e Lamictal (antiepilettico) perché a luglio soffrivo d'insonnia e avevo il fluire del pensiero più veloce rispetto al normale , avevo accumulato un'ansia pazzesca data dal fatto che avevo scoperto dopo due mesi di dimagrimento e disordini gastrointestinali di avere l'helycobacter pylori (sono sempre stata una persona molto ansiosa). Ora ho smesso di prenderli da un mese e poco più e vorrei farle un paio di domande sull'argomento. Se é disposto gentilmente ad ascoltarmi e a rispondermi la ringrazio. Se preferisce parlare tramite mail, mi dia la sua mail . C.
diciamo che ho smesso da un mese e mezzo ormai.....inizialmente ho avuto due settimane di nausea durante e dopo i pasti, ora la nausea non c'è più...però ho perso molto appetito....mangio poco....ogni tanto mi viene un po' d'ansia,ma riesco comunque a controllarla.....(in caso di necessità mi é stato consigliato il lexotan, dalla dottoressa naturopata alla quale mi sono rivolta per dismettere gli psicofarmaci).
La cosa che mi preoccupa di più é il lato emotivo....perché nei mesi di assunzione fino ad ora ho notato di non provare più emozioni, di non essere creativa....e prima lo ero molto....mi son sempre sentita un po' un'artista....
una psichiatra di un centro di salute mentale....e poi mi sono rivolta presso una struttura privata dove la nuova psichiatra mi ha mantenuto la cura (zyprexa e lamictal) aggiungendomi lo Zarelis
é come se zyprexa mi bloccava i pensieri , togliendomi i pensieri....come sentirsi vuoti e tranquilli (mi dicevano gli psichiatri) praticamente mi toglieva tutto e mi sentivo vuota e basta. Un po' percepisco un miglioramento,ma minimissimo....
Poi altra cosa, non so perché il seno mi si é diminuito.... di una taglia e mezzo, le mestruazioni mi durano meno e prima di averle, anche durante non ho più i sintomi che avevo prima....sentirsi gonfia,seno aumentato ecc
desiderio sessuale niente.... ma questo si sa, in generale gli psicofarmaci lo vanno a togliere...
RISPOSTA
Buongiorno C.
e grazie di avermi voluto contattare, dando fiducia a questo piccolo uomo, che medico non è, che non fa diagnosi, non prescrive nulla e che nessuno può curare.
Nessuno infatti cura nessuno: il corpo umano cura se stesso allorquando gliene venga data la possibilità.
Se dovessi essere il regista di un film sugli psicofarmaci, lo intitolerei "Lo Zyprexa colpisce ancora", tanto è diffuso l'utilizzo di questo intruglio chimico che non esito a definire come il "Re degli sconquassatori" tra tutto l'armamentario di molecole utilizzate dalla nefasta moderna psichiatria.
Via la lobotomizzazione ora, e vediamo le cose per quello che sono.
Lei comincia a soffrire di manifestazioni di tipo psichiatrico e in men che non si dica viene "invitata" ad assumere un antipsicotico atipico con effetti devastanti, prescritto come se si trattasse di acqua fresca.
Sorgono quindi spontanee alcune domande...
I "luminari" a cui si è rivolta hanno provato a scandagliare le cause alla base del suo dimagrimento, dell'ansia pazzesca e del fluire vorticoso dei suoi pensieri?
I "luminari" a cui si è rivolta hanno minimamente provato a ricollegare i suoi problemi intestinali con le manifestazioni psichiatriche in atto?
I "luminari" sono a conoscenza del fatto che cervello e intestino sono intimamente connessi, e che i neurotrasmettitori cerebrali si formano prevalentemente in zona intestinale?
No...per la infallibile psichiatria moderna non esisterà mai e poi mai una causa di tipo organico alla base di una manifestazione psichiatria...e quindi via di prescrizioni, partendo con lo Zyprexa.
Aggiungiamo poi anche il Lamictal, un antiepilettico utilizzato anche per "curare" il disturbo bipolare.
Poi, come ciliegina sulla torta, aggiungiamo un "pizzico" di Zarelis, un antidepressivo della categoria SNRI (selettore della ricaptazione della serotonina-noradrenalina), utilizzato per combattere l'effetto apatico e zombizzante dello Zyprexa.
Lei si rende conto che questi cialtroni l'hanno utilizzata come cavia, giocando con la sua salute, la sua integrità e la sua vita al piccolo chimico?
Sospendendoli si è letteralmente salvata la vita, ora bisogna affrontare alla base le motivazioni per cui ha cercato aiuto medico.
Il corpo umano manda dei messaggi, e questi vanno ascoltati, capiti e bisogna agire di conseguenza.
Il messaggio mai espresso prima che questo blog cerca di diffondere è che mente e corpo sono intimamente collegati, e che quindi moltissime manifestazioni di tipo psichiatrico hanno una base anche (se non esclusivamente) di tipo organico.
Vediamo, ancora una volta, i peggiori nemici della nostra psiche:
-Carne, pesce e proteine animali: causano putrefazione al livello del colon, che è il nostro secondo cervello e il luogo dove si producono i neurotrasmettitori celebrali. Intestino in putrefazione=depressione.
-Zuccheri raffinati: in primis il famigerato saccarosio (zucchero bianco) da tavola: favorisce picchi glicemici che possono portare falsa euforia e conseguente stato depressivo; sballa la produzione di testosterone nell'uomo e interferisce con la normale produzione ormonale; sottrae preziose sostanze nutritive al corpo umano, in quanto è un alimento morto che necessita di enzimi per essere digerito.
Nessuno sconto a zucchero di canna grezzo e non in quanto si tratta sempre e comunque di alimenti raffinati, morti e sepolti.
Non pensate che sia innocuo solo perché lo vendono al supermercato: è una sostanza chimica che di naturale non ha nulla, potente, dannosa e catastrofica per chi ne è particolarmente suscettibile.
Bocciati senza riserve anche tutti gli edulcoranti, capeggiati dall'aspartame.
-Metalli pesanti: mercurio, alluminio. Il peggio del peggio. Occhio alle amalgame dentali, che causano una continua e incessante intossicazione all'organismo. Il mercurio è risaputo per creare stati mentali che possono arrivare alla schizofrenia.
-Bibite gassate: quando ingurgitate una lattina di coca cola non fate altro che bere, assieme ad essa, una quantità di saccarosio impressionante. Lo stesso vale per tutte le altre bibite in lattina.
-Glutine e caseina: i cereali non sono cibo per tutti. Non sono cibo nato per l'Uomo, bensì per i granivori. L'intolleranza al glutine è ormai considerata un'epidemia su scala mondiale, mentre in realtà è la diretta conseguenza della normale reazione del corpo umano all'introduzione di una proteina a esso incompatibile e sconosciuta.
Sono associati al glutine diversi stati mentali: dalla depressione agli stati immotivati di rabbia, fino alla psicosi.
La caseina, veleno pari alle proteine animali, ha in più il difetto di essere un grande allergene e di incollarsi ai villi intestinali e di non permettere quindi la normale assimilazione dei cibi.
La rimozione del glutine e della caseina in bambini con autismo sta dando risultati impressionanti.
-Vaccinazione: i vaccini sono forse il peggior insulto che può essere fatto a un essere umano. Metalli pesanti, DNA umani e animali. Un insieme di porcherie di cui non vale nemmeno la pena ribadire la tossicità.
-Farmaci: moltissimi farmaci agiscono sui recettori nervosi pur non essendo definiti "psicofarmaci": dagli antistaminici alla pillola per la pressione; dal farmaco contro la tosse a quello per il mal di testa.
-Denti devitalizzati: un dente devitalizzato è un'appendice morta tenuta attaccata al corpo con la forza. È come se volessero tenervi attaccato un dito putrefatto. La proliferazione incontrollata di tipo batterico, dovuta al marciume presente in una zona così delicata come quella del viso-cranio, può drenare le capacità di reazione del sistema immunitario portando stati depressivi anche gravi.
E se la sua ansia pazzesca e il fluire vorticoso dei pensieri (che rimane una conseguenza dell'ansia) fossero semplicemente causati dalla reazione che il suo organismo ha all'introduzione del glutine?
Potrebbe fare anni e anni di psicoterapia, ma il suo nemico rimarrebbe sempre il piatto di pasta che mangia a tavola.
Quindi, apertura mentale completa e riequilibrio totale del corpo umano attraverso il binomio da me coniato "cibi puliti - pensieri puliti".
Alimentazione vegana il più crudista possibile e l'allontanamento di qualunque persona o situazione possa rovinare il nostro benessere sono le due chiavi per spazzare via qualunque "malattia" mentale.
Ipnosi, intrugli chimici, elettroshock o anni di sedute dallo psicologo lasciatele a chi si ostina a non voler risolvere il problema alla base.
Piano piano il suo corpo dovrà tornare a una situazione di equilibrio detta "omeostasi": tenga duro e vedrà che con uno stile di vita impeccabile lentamente torneranno sia le emozioni che la libido.
Ah, dimenticavo: complimenti alla dottoressa "naturopata" che le ha prescritto il Lexotan al bisogno: più "naturopata" di così si muore...
Anch'io purtroppo per lunghi anni sono stato curato per una elevata dipendenza da svariati psicofarmaci. Il risultato? Pessimo, oltre la sostanza ho dovuto lottare per anni per togliere l'astinenza con grande difficoltà! Sono droghe sintetiche che ti permettono di non violare la legge......ma il risultato è garantito. Una LENTA MORTE!!!!!!!!!!!!!!!
Il discorso è molto semplice: nessuna pillola guarirà mai e poi mai da nessuna "malattia mentale", che rimane sempre e comunque un sintomo, una manifestazione di qualcosa a monte che non funziona.
Gli psicofarmaci sono e rimangono droghe sintetiche, come dice bene lei, che oltre a non guarire nessuno, minano profondamente la salute fisica e mentale di chi li assume.
Niente facili soluzioni quindi, il benessere psicofisico si raggiunge solo con il binomio da me coniato "cibi puliti - pensieri puliti": tutto il resto sono solo false guarigioni, tanto temporanee quanto distruttive.